MISTERI DEL RINASCIMENTO/ I casi di Michelangelo e Tintoretto

CineFotoArt di Giordano Giovanni

Un mistero sembra avvolgere due dipinti di due tra i più noti pittori
rinascimentali italiani: Michelangelo e il Tintoretto. In entrambe le opere
sarebbe infatti celato un codice.

 

 

 

Simboli, allegorie e rappresentazioni ben occultate e svelate da recenti studi, un po' come già
successo per il ben più noto 'codice da Vinci' che ha ispirato libri (come quello di Dan Brown) e
pellicole cinematografiche su precisi messaggi nascosti nelle opere di Leonardo.
Ma procediamo con ordine per cercare di capire cosa Michelangelo e il Tintoretto abbiano
celato nei loro dipinti. Il primo caso riguarda la Cappella Sistina: osservando attentamente gli
affreschi di Michelangelo, in particolare quello della creazione dell'uomo, due esperti del la John
Hopkins University School of Medicine ritengono di vedervi una precisa rappresentazione del
cervello umano.
Un vero e proprio codice che chiama in qualche modo in causa lo stesso Leonardo da Vinci.
Leggendo le dichiarazioni di uno dei esperti , si scopre infatti che Michelangelo avrebbe
riprodotto proprio tra le figure di Adamo e di Dio la sezione posteriore del cervel lo umano, con
una certa dovizia di particolari, ispirata molto probabilmente dai disegni dell'epoca di Leonardo.
Ma perché Michelangelo avrebbe dovuto 'nascondere' nella sua celebre opera l 'immagine di un
cervello umano? Il mistero sembra sciogliersi pensando all'oggetto stesso dell'affresco.
Probabilmente il pittore voleva far sapere ai più attenti osservatori che il Creatore, oltre
all'anima, aveva donato all'uomo un formidabile strumento: la ragione, rappresentata dal
cervello.
Un'ipotesi che però non convince un esperto di arte come Vittorio Sgarbi, che la bol la come
"una stupidata". Sgarbi, oltre a ricordare, il significato che aveva l'arte per Michelangelo
ritiene che la ricerca dei due esperti sia viziata dal fatto che si tratta di "due studiosi del
cervello umano, e probabilmente lo vedono ovunque".
Certamente più complicato il caso che riguarda il Tintoretto. L’ultimo grande pittore
rinascimentale è autore di un quadro (conservato in Inghilterra) che sta ponendo diversi
interrogativi a esperti e studiosi dell’arte. L'opera è conosciuta con il titolo di 'Apollo e le muse',
ma per gl i esperti il soggetto del quadro non ha nulla a che vedere con il titolo.
A quanto pare nel quadro non sarebbe raffigurato Apollo, inoltre le muse sono stranamente
sette e non nove come vorrebbe la mitologia greca. Vi sono poi degl i oggetti raffigurati cui
nessuno sembra riuscire a dare una spiegazione, in particolare un calice e uno scrigno
che Apollo calpesta e che secondo gli esperti celerebbe il codice dell'opera.
Chi ritrae dunque il Tintoretto nel quadro? Paul Taylor, vice curatore del Warburg Institute,
sembra sciogliere il mistero, smontando diverse ipotesi. Con diverse argomentazioni,
Taylor ritiene che il pittore abbia voluto rappresentare un poeta. Si potrebbe trattare di un
personaggio classico come Orazio o Cicerone, piuttosto che di un contemporaneo che il
Tintoretto ha inteso omaggiare. Allegorie che restano comunque misteriose e sembra che
questa nell'epoca rinascimentale, come ribadisce Taylor, fosse una sorta di 'moda' tra gli
artisti.

I pareri dello
studioso americano Tamargo, di Vittorio
Sgarbi e dell’inglese Taylor

 

 

Dopo il codice Da Vinci, il codice Michelangelo. Che il successo planetario dello scrittore Dan
Brown (e dei film tratti dai suoi libri) abbia contagiato anche studiosi, scienziati, critici dell’arte?
Oppure davvero  i  grandi  pittori  del  Rinascimento hanno cercato di   lasciare un messaggio,
nascosto, un codice cifrato, quasi una sorta di  “messaggio in bottiglia” che solo secoli dopo,
una volta approdato sulla spiaggia di un mondo maggiormente evoluto, sarebbe stato possibile
cogliere? Non lo sappiamo. Anche perché, se è vero che oggi  un diverso tipo di  curiosità e
tecniche   di   analisi   scientifiche  permettono   di   vedere   cose   che  all’occhio   nudo  dei   nostri
predecessori del Cinquecento non era possibile, è anche vero che il passaggio temporale così
ampio non ci permette di sapere le reali motivazioni dietro questi ipotetici messaggi  nascosti
nelle opere dei grandi artisti rinascimentali. Solo una intervista impossibile con Michelangelo e
Leonardo da Vinci ci permetterebbe di risolvere il dubbio.

L’ultimo caso in ordine di tempo (anche se in realtà già nel 1990 un altro studioso, il medico
americano, Frank Mesheberger, era arrivato a tale scoperta) è quello della Cappella Sistina e
dell’affresco dipinto da Michelangelo. Frank Mesheberger, allora, in un articolo pubblicato sul
Journal of the American Medical Association aveva dichiarato che secondo lui nell’affresco che
rappresenta   “La   creazione   di   Adamo”,   intorno   all’immagine   di   Dio,  Michelangelo   aveva
riprodotto fedelmente l’anatomia di un cervello umano, visto in sezione trasversale. Secondo il
medico, l’intento dell’artista era di mostrare come Dio non avesse infuso ad Adamo soltanto la
vita,  ma   anche   l’intelligenza.  Oggi   analoga   scoperta   viene   riportata   da   altri   due   studiosi
americani, Ian Suk e Rafael Tamargo della John Hopkins University School of Medicine.

Osservando attentamente gli affreschi della Cappella Sistina, avrebbero individuato un “codice”
nascosto nel grande dipinto che raffigura la creazione dell’uomo. Un dipinto nel dipinto voluto
da  Michelangelo   per   lasciare   un  messaggio   attraverso   la   sua   passione   per   il   disegno
anatomico e  la sua attenzione maniacale per   i  particolari  del  corpo umano.   In uno studio
pubblicato sull’ultimo numero della rivista Neurosurgery i  due spiegano come siano riusciti  a
individuare nel pannello iniziale dell’affresco, quello che raffigura Dio, il disegno nascosto di un
cervello umano.

All’altezza della gola e del  collo di  Dio  il  disegno presenta delle  irregolarità anatomiche e
mentre  il   resto dei  personaggi  sono  illuminati   tutti  a sinistra e dal  basso,   il  collo di  Dio è
illuminato frontalmente. Suk e Tamargo, esperti  di  neuroanatomia (branca dell'anatomia che
studia   l'organizzazione  anatomica del   sistema  nervoso)   in  un   lungo  e  dettagliato  articolo
continuano   da   dove   Mesheberger   si   era   fermato.   Hanno   individuato   un’altra   parte   del
gigantesco affresco che ricopre la volta della Cappella Sistina, quello della “Separazione della
luce dalle tenebre” posto proprio sopra l’altare, e qui avrebbero individuato la rappresentazione
dettagliata della colonna vertebrale umana e del  midollo allungato che la collega al  cervello.
L’immagine sarebbe nascosta tra il petto di Dio, e precisamente in una piega della tunica che
condurrebbe al  nervo ottico,  e il  suo collo,   illuminato  frontalmente al  contrario del  resto dei
personaggi.

Un’area che ha da sempre suscitato perplessità  tra  i  critici  per   le numerose  imperfezioni,
inusuali  per  un esperto di   luce e di  anatomia come Michelangelo, che all’età di  17 anni  già
sezionava cadaveri dissepolti dai cimiteri per poterli studiare. Sovrapponendo l’immagine della
gola alla sezione di  un cervello visto dal  basso,   le due combacerebbero perfettamente.   Il
dubbio,  ora,  è se  il  soffitto della Cappella Sistina sia una sorta di   test  di  Rorshach  in cui
ciascuno può vedere ciò che vuole o se sia,   invece,  una sorta di  messaggio nascosto nel
dipinto che tutti  possono vedere. Abbiamo contattato uno dei  due studiosi, Rafael  Tamargo,
per saperne di più su come siano arrivati a questa teoria. “Abbiamo studiato immagini ad alta
risoluzione che si trovato su libri e in Rete” ci ha detto il professor Tamargo “concentrandoci
sulla seconda metà dell’affresco della Cappella Sistina,  quello che si  trova sopra  l’altare. E’
quella parte di affresco a cui Michelangelo lavorò dall’inverno del 1511 all’ottobre del 1512”.

Essendo i due studiosi  profondi  conoscitori del cervello umano, ecco balzare ai  loro occhi  le
similitudini   con esso:   “La nostra  idea è  che,  nel  dipinto  ‘La  separazione della  luce dalle
tenebre’, Michelangelo abbi concepito una sofisticata immagine ventrale della parte posteriore
del cervello riprendendola in quello che nell’affresco è il collo di Dio. E poi la vista anteriore del
midollo spinale nel petto di Dio. Infine, nella parte che rappresenta l’addome di Dio, i nervi ottici
e i  globi  ottici”. Una rappresentazione scientificamente accurata? “La rappresentazione delle
prime due  immagini  del  cervello,   la parte posteriore e  il  midollo spinale,  è scientificamente
accurata.  Quella   dei   nervi   ottici   non   lo   è,  ma   è   raffigurato   secondo   i   canoni   conoscitivi
dell’epoca di Michelangelo, basata sui disegni allora contemporanei, di Leonardo Da Vinci”.
Per Tamargo, tutto ciò è solo la conferma dell’enorme genio di  Michelangelo e la grandezza
della sua conoscenza: “Per noi, è stato uno studio appassionante nel  cui  processo abbiamo
potuto  imparare ancora di  più quanto grande e profondo  fosse  il  periodo storico e artistico
denominato Rinascimento”. Di parere opposto a quanto sostengono i due americani, è il critico
d’arte italiano, Vittorio Sgarbi. Lo abbiamo contattato personalmente per sapere il suo parere
su questa  “scoperta”:   “Credo che quanto diano  i  due studiosi  americani,  sia una assoluta
stupidata”  dice senza scorciatoie Sgarbi.   “Michelangelo era un pittore che  lavorava per   la
Chiesa, dipingeva vicende legate alla teologia e alla Bibbia. Non era l’Arcimboldi, che riempiva
i  suoi  dipinti  di  oggetti  e significati  altri.  Andare a ricercare il  cervello umano  in un affresco
come quello della Cappella Sistina, vuol dire inventarsi a tutti i costi qualcosa di cui ci si vuole
e si vuole convincere, ma che in realtà non c’è”.

Chiediamo a Vittorio Sgarbi di approfondire qual era il significato del lavoro di un artista come
Michelangelo:   “E’ un pittore che dipinge  la  realtà creata da Dio,  dunque non ha bisogno di
immaginarsi  ulteriori  situazioni  che stiano dietro le cose che dipinge. Dietro le cose c’è Dio,
per Michelangelo”. E perché questi studiosi americani sarebbero convinti del contrario? “Sono
due studiosi  del  cervello umano,  e probabilmente  lo vedono ovunque”  dice Sgarbi.   “Un po’
come chi  guarda  le nuvole e si  convince che una nuvola è un  ritratto e un’altra nuvola un
paesaggio. Trattandosi di un grande come Michelangelo, hanno voluto a tutti i costi applicargli
significati che Michelangelo non voleva dare. Dato che era un genio, allora doveva divertirsi a
fare dei  divertimenti  concettuali  nascosti  nei  suoi  dipinti, ma Michelangelo,  impegnato in un
lavoro gigantesco come quello della Cappella Sistina,  non aveva certo  tempo di  pensare ai
divertimenti.  E poi,  perché non avrebbe  lasciato testimonianza di  quello che stava  facendo?
Quello che noi vediamo in un dipinto è una nostra proiezione, un nostro divertimento, ma non
riguarda il pittore, riguarda il nostro occhio”.

Un mistero che di fatto non esisterebbe. Un mistero però che riaffiora, o così sembra, lontano
dal Vaticano, più precisamente in Inghilterra, dove un altro pittore italiano, il Tintoretto, l’ultimo
grande pittore rinascimentale,  ha  lasciato un quadro che sta ponendo diversi   interrogativi  a
esperti e studiosi d’arte. Nelle campagne del Dorset, nell’elegante residenza di Kingston Lacy,
chiuso per  circa  trent’anni   in un magazzino,  c’era un dipinto del  pittore veneziano che un
facoltoso inglese durante un periodo passato a Venezia aveva acquistato e inviato a casa. Il
dipinto   si   trovava   nell’abitazione   di   John   Ralph   Bankes   discendente   dell’esploratore   ed
egittologo inglese William John Bankes. Il  dipinto,  comprato da Bankes nel  1849 a Venezia,
era conosciuto come “Apollo e le Muse”.

Il dipinto dovrebbe risalire a un’epoca compresa fra il 1560 e il 1570, ma ad attentati esami fatti
per la prima volta grazie al restauro sono emersi alcuni fatti bizzarri. Tanto che per anni si era
escluso  fosse opera di  Tintoretto  stesso.  Le  lunghe operazioni  di  pulitura,  però,   insieme
all’analisi ai raggi X e infrarossi, hanno inequivocabilmente dimostrato essere suo. Ma cosa ha
suscitato perplessità?  Il  soggetto stesso:  gli  studiosi  non sono convinti  sia Apollo,  come si
pensava da sempre,  ma piuttosto suo  figlio  Imene.  Tanto che nel  dubbio  il  dipinto è stato
chiamato “Apollo (o Imene)  che incorona un poeta e gli  dà in sposa una donna”. Poi  alcuni
oggetti  presenti nel quadro: la presenza di  Ercole, il  significato di una tazza e di una scatola
d’oro, tutte cose che nessuno sa spiegarsi. “La pulitura ha riportato alla luce la pura energia
del  Tintoretto  e   come  questi   lavorava,  ma   siamo  ancora  confusi   su  alcuni   contenuti   del
dipinto”, ha dichiarato Christine Sitwell, consulente per il restauro della National Trust.

Mistero che  tocca anche  le sette Muse  raffigurate  invece delle nove Muse della mitologia
greca. “L’arco in mano ad Ercole è significativo” ha detto il dottor Paul Taylor, vice curatore del
Warburg  Institute  “perché  l’Ercole gallico è sinonimo di  eloquenza e,  quindi,  questo  lascia
supporre che l’uomo incoronato sia uno scrittore o un oratore, mentre le donne che portano i
fiori  devono essere  le Grazie.  Anche  il   fatto che Apollo stia  in piedi  sugli  oggetti   in oro è
interessante,  perché potrebbe  indicare  il  suo aver  voltato  le spalle alle cose materiali,  per
raggiungere  la gloria”.  Abbiamo contattato  il  professor  Taylor  per  chiedergli  di  approfondire
questi  misteri.  “Il  soggetto,  questa sorta di  Apollo”  ci  ha detto “non sembra un personaggio
contemporaneo al Tintoretto. Potrebbe essere una figura classica tipo Orazio o Cicerone, cioè
un poeta. Non assomiglia al classico personaggio del sedicesimo secolo. Tintoretto viveva in
un’epoca   storica   in  cui   la  barba   era  un  tratto  distintivo   comune   a  quasi   tutti  gli  uomini.
Talmente comune che infatti tutti i ritratti da lui fatti di uomini adulti, essi hanno la barba”.

Alcuni si  sono spinti  a dire che il  personaggio sia in realtà una donna: “Non credo: non ha il
seno, ha le braccia grosse e forti, e forse si vede un po' anche la barba ispida”. Per Taylor, è
evidente che Tintoretto abbia voluto raffigurare un personaggio dell’epoca classica: “E’ vestito
con   quella   che   sembra   una   toga,   tipico   dei   romani  antichi.  Tintoretto,  quando   dipingeva
allegorie dei  suoi  contemporanei,  li  vestiva sempre con abiti  del  loro periodo,  il  Sedicesimo
secolo, ad esempio nei  vari  dipinti  dei  Dogi  o nella sua allegoria di  Ottavio Strada. Anche i
capelli, piuttosto lunghi sul collo, non sono tipici dei veneziani della sua epoca, ma piuttosto di
un poeta dell’antica Roma così   impegnato nelle sue elucubrazioni  mentali  da non avere  il
tempo di  andare dal  barbiere”.  Dunque, un poeta veneziano del  Cinquecento che Tintoretto
omaggia come un poeta dell’Antica Roma?

“Potrebbe essere, ci sono altre allegorie di poeti dipinti da pittori italiani, ma non ce ne sono di
Tintoretto o di  altri  pittori  del  suo giro. Pensiamo sia un poeta per le varie figure allegoriche
presenti nel dipinto: Ercole con l’arco, tipico simbolo di eloquenza; i personaggi con le corone
di mirto che si vedono nel quadro; e naturalmente Apollo, che era il patrono dei poeti. In alto a
destra c’è una  figura  femminile che potrebbe essere Venere,  che spesso  ispira nei  poeti   il
pensiero dell’amore. E il  personaggio princpale, il  poeta, tiene in mano un libro”. Per Taylor
però   non   si   devono   fare   chissà   quali   congetture:   “E’   certamente   un   lavoro   inusuale   per
Tintoretto, che ci permette di conoscere un suo aspetto che non conoscevamo. Ma per chi si
interessa di allegorie e di significati nascosti, ci sono tanti dipinti dell’epoca che ne contengono
ben di  più.  Al  WArburg  Institute di  Londra dove  lavoro,  abbiamo un numero altissimo di
riproduzioni di dipinti pieni di allegorie misteriose”.

...secondo Repubblica

Un codice segreto nascosto sotto gli affreschi della Cappella Sistina e voluto da Michelangelo per lanciare un
messaggio attraverso la sua passione per il disegno anatomico e la sua attenzione maniacale per i particolari
Roma diventa 'il paese delle
del corpo umano. E' questa la tesi presentata dalla coppia di esperti americani di neuroanatomia Ian Suk e
Rafael Tamargo. In uno studio pubblicato sull'ultimo numero della rivista Neurosurgery i due illustrano come
siano riusciti ad individuare nel pannello iniziale dell'affresco, quello che raffigura Dio, il disegno nascosto di un
cervello umano. All'altezza della gola e del collo di Dio il disegno presenta delle irregolarità anatomiche e
mentre il resto dei personaggi sono illuminati tutti a sinistra e dal basso, il collo di Dio è illuminato
frontalmente. Quanto basta per porre un'attenzione particolare sulla parte. Sovrapponendo poi il particolare
del disegno all'immagine di un cervello visto dal basso i due combaciano perfettamente. Per gli esperti nella
parte centrale della tunica della figura si potrebbe nascondere anche il disegno di un midollo spinale. Difficile
però interpretare il messaggio nascosto nel codice: per Ian Suk e Rafael Tamargo potrebbe far riferimento al
rapporto critico dell'artista toscano con la chiesa cattolica (a cura di BENEDETTA PERILLI)
Costruita tra il 1475 e il 1481 la Cappella Sistina, Roma, fu decorata da Michelangelo Buonarroti tra il 1508 e il
1512 con l'affresco del Giudizio Universale. Qui, in alto a sinistra, nel pannello nel quale è rappresentato Dio
una coppia di esperti in neuroanatomia avrebbe individuato un codice nascosto dall'artista toscano

Nell'immagine A viene individuata l'area dell'affresco nella quale gli studiosi hanno rintracciato una difformità.
A sinistra, foto B, un cervello umano visto dal basso  infine, foto C, la sovrapposizione tra la gola di Dio e il
cervello umano combacia perfettamente

Secondo Ian Suk e Rafael Tamargo, che hanno pubblicato il loro studio sul codice di Michelangelo nella rivista
Neurosurgery, anche la tunica di Dio nasconderebbe un messaggio segreto: nella parte centrale del vestito si
potrebbe celare il disegno di un midollo spinale