Eco-S.O.S.tenibilità

CineFotoArt di Giordano Giovanni

Una speranza per la Terra

La minaccia

dell 'inquinamento

 


Lo straordinario sviluppotecnologico del XX secolo sta aumentando molto l’impatto dell’uomo sull’ambiente e di conseguenza sulla salute; portando aquello che noi,oggi, chiamiamo inquinamento.

Infatti questo termine indica un’alterazione dell’ambiente causata, generalmente, da attività umana.

È necessario ricordare che oltre i prodotti della lavorazione industriale, sono sostanze inquinanti anche sostanze normalmente innocue, ma che possono compromettere un ecosistema.

Oltretutto gli agenti inquinanti possono essere sostanze presenti in natura e non creati dall’uomo. Esistono due tipi di inquinamento: a livello locale e alivello globale; in passato si riteneva che solo il primo tipo fosse un problema,in realtà ci si è resi conto che alcuni tipi di inquinamento costituiscono un problema globale.

Per ogni tipo di inquinamento si possono localizzare delle sorgentie dei ricettori; gli effetti su quest’ultimi variano a seconda dell’esposizione. Il parametro LD50 è uno dei più utilizzati per verificare la tossicità su gli uomini ed indica la dose che uccide il50% di persone ad essa esposte. Secondo questo parametro le sostanze vengono divise in: scarsamente, moderatamente, molto, super tossiche.

Si possono considerare diversi tipi di inquinamento.

E' possibile vedere situazione e rischi per inquinamento del suolo, inquinamento delle acque,inquinamento elettromagnetico, inquinamento dell’atmosfera.

La classifica dei paesi più inquinanti

Ma quanto inquina un’intera nazione? Sono più dannosi per l’ambiente gli Stati Uniti, patria della green economy, o i paesi del Terzo Mondo, in crisi e tecnologicamente arretrati? La risposta arriva da uno studio dell’Università di Adelaide (Australia) che classifica 228 nazioni in base al loro impatto ambientale. Antigua e Brasile sono agli antipodi della classifica, ma quale dei due è il primo e quale l’ultimo? E l’Italia dove si colloca?
Effettuato in collaborazione con le Università di Princeton e Singapore, lo studio (a oggi il più completo mai realizzato) ha misurato la "salute" dell’ambiente nei vari paesi in relazione a sette parametri:

 

 

- il tasso di deforestazione

- il tasso di conversione degli habitat naturali in zone       residenziali, agricole o industriali; i volumi di pesca

- il livello di utilizzo di fertilizzanti chimici

- il livello di inquinamento delle acque

- le emissioni di CO2- il numero delle specie animali a   rischio.

 

I dati ottenuti sono poi stati correlati a tre variabili socioeconomiche: la numerosità della popolazione, il prodotto interno lordo e la qualità di governo (calcolata in base ai parametri del Worldwide Governance Indicators Project utilizzati dalla Banca Mondiale per valutare l’affidabilità dei governi). I risultati sono sconcertanti: le nazioni più ricche e industrializzate, che hanno accesso alle tecnologie più verdi e moderne, sono anche quelle con l’impatto ambientale più devastante.
«C’è una teoria secondo la quale all’aumentare del benessere di una nazione corrisponde una maggior coscienza ecologica» afferma Corey Brasdshow, responsabile dello studio. «La disponibilità di risorse economiche dovrebbe favorire l’accesso a tecnologie più pulite e una maggior sensibilità alle esigenze dell’ambiente, ma non abbiamo trovato alcuna evidenza a supporto di questa tesi».
Ma quali sono i 10 paesi maggiormente responsabili del degrado ambientale del nostro pianeta? Ecco la poco invidiabile classifica dei peggiori:

   Brasile

   USA

   Cina

   Indonesia

   Giappone

   Messico

   India

   Russia

   Australia

10° Perù

Ultimi in classifica e quindi i più ecologici in assoluto sono gli abitanti delle isole caraibiche Antigua e Barbados. E l’Italia? Il nostro Bel Paese si colloca al 38° posto su 228, subito dopo la Spagna e prima dell’Iran: decisamente maluccio.

I 10 luoghi più inquinati della Terra

L'associazione ambientalista americana Blacksmith Institute pubblica periodicamente una "top ten" dei luoghi più inquinati della Terra: catastrofi ambientali a cui non si può o non si vuole rimediare. (A cura di Giorgio Zerbinati, 13 ottobre 2008 - Fonte: Blacksmith Institute)

Volendo partire per un giro del mondo in visita ai più grandi disastri ecologici provocati dall'uomo, questi sarebbero i dieci "monumenti" da non perdere: i luoghi più inquinati della Terra censiti nella Top ten world's worst polluted places, la classifica pubblicata dall'organizzazione ambientalista americana Blacksmith Institute in collaborazione con la Green Cross Switzerland. L'ultimo rapporto risale al settembre 2007, ma poiché da allora non sono stati rilevati cambiamenti sostanziali rimane valido anche per il 2008.

INCUBI ECOLOGICI
Dalle nubi radioattive fuoriuscite dalle centrali nucleari ai fumi tossici dei mega-impianti petrolchimici, dalle dispersioni di metalli pesanti dell'industria mineraria ai veleni rilasciati dalle fabbriche di armi chimiche... Ognuno di questi disastri ha la sua bandierina sulla mappa del mondo e la sua speciale - e tragica - storia da raccontare. Tutti, però, hanno un elemento in comune: sono accaduti in Paesi dove lo sviluppo industriale è considerato più importante dell'ambiente e delle persone. E, semplificando brutalmente, questo significa una cosa sola: i progetti di bonifica delle aree contaminate sono rinviati e rinviati e rinviati... Ignorati, insomma, Anche se le tecnologie per la "pulizia" ci sono e sono sempre più avanzate ed efficaci!

 


IL RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI

 

La missione di organizzazioni come il Blacksmith Institute comincia proprio qui, ossia cercando di creare le condizioni perché i progetti di bonifica ambientale siano approvati, finanziati e realizzati, anche dove sembra impossibile persino pensarli. Per fare questo si muovono in due direzioni: da un lato premono sui gruppi industriali responsabili e sui governi affinché chiudano gli impianti più inquinanti e ripuliscano il territorio, dall'altro raccolgono fondi da gruppi finanziari privati e dalle organizzazioni internazionali per finanziare i primi interventi di emergenza. Qualche volta funziona, a giudicare dalle buone notizie (vedi), ma è un lavoro che somiglia molto a una sfida epocale.

 

 

Buone notizie!

Di fronte alla paura, possiamo reagire in tre modi: la paralisi, la fuga oppure l'azione.


Le principali situazioni di grave contaminazione sul nostro pianeta sono note e le tecnologie per rimediare ci sono. L'organizzazione ambientalista americana Blacksmith Institute si è data l'obiettivo di affrontarle una ad una, e così, a oggi, sono più di 40 gli interventi promossi nei luoghi più contaminati della Terra. Le iniziative comprendono programmi di educazione sanitaria alle popolazioni delle aree disastrate, per ridurre i rischi di contaminazione; la creazione di fondi per finanziare interventi di grande portata; la pressione sui gruppi industriali e sui governi e la collaborazione con le organizzazioni locali per realizzare le prime bonifiche di emergenza. Nella sede dell'organizzazione, a New York, hanno perciò da raccontare anche le "storie di successo" ed è un sollievo che ci siano anche queste notizie. Non tutto è perduto quindi, a patto che organizzazioni come il Blacksmith Institute, i gruppi industriali e le istituzioni continuino il lavoro iniziato. D'altra parte non ci sono alternative, dal momento che ancora non è stato scoperto un altro pianeta su cui trasferirci a vivere.

LE STORIE DI SUCCESSO

Muslyumova (Russia), bonifica iniziale dei terreni contaminati da scorie nucleari. Tomsk (Russia), rimozione di 2,5 tonnellate di ddt e altri pesticidi da un deposito obsoleto nel centro della città. Noraiakheda (India), installazione di impianti di depurazione delle acque dal cromo esavalente e realizzazione di programmi di educazione ambientale. Muthia (India), rimozione dello strato di terreno contaminato da metalli pesanti e realizzazione di un progetto di biodepurazione in collaborazione con la popolazione locale. Mongolia (Cina), chiusura di una cartiera dalla quale fuoriuscivano mercurio e benzene. Mozambico, supporto ai giornalisti locali nell'informazione ambientale. Dar Es Salaam (Tanzania), installazione di sistemi di trattamento delle scorie nelle fabbriche dell'area industriale della città. Cambogia, finanziamento di commissioni tecniche per l'elaborazione di una normativa sul trattamento dei rifiuti tossici. bacini fluviali di Marilao, Meycauyan e Obando (Filippine), elaborazione di un piano di trattamento dei rifiuti tossici scaricati nelle acque dalle industrie.

maggiore inquinamento in rosso
maggiore inquinamento in rosso

Migliori strutture EcoSOStenibili

Quartiere modello

Per ora si tratta soltanto di un insediamento pilota. Ma se tutti i quartieri di Londra prendessero esempio da BedZed (l'abbreviazione di Beddington Zero Energy Development), un piccolo agglomerato di un centinaio di case alle porte della capitale britannica, l'impronta ambientale della città si ridurrebbe, eccome. Progettato dall'architetto inglese Bill Dunster come modello di vita ecosostenibile, è stato costruito interamente con materiali riciclati o provenienti da un raggio di 50 chilometri di distanza per limitare le emissioni dei trasporti. Un efficiente sistema di raccolta dell'acqua piovana e di riciclaggio di quella di scarico riduce notevolmente (circa un terzo) il consumo della rete idrica, mentre la dispersione di calore è evitata attraverso tripli vetri e altissimi livelli di isolamento. Pannelli solari ed elettrodomestici a basso consumo completano l'opera. 
La comunità più piccola Superficie totale: 18 mila m² Popolazione: 220 abitanti Completamente "verde" dal: 2002Tonnellate annuali di anidride carbonica risparmiate: 2420 

LA PRIMA DELLA CLASSE

 

Costruita a ridosso di un porto industriale di Victoria, Canada, Dockside Green è un centro residenziale che ha fatto molto parlare di sé per aver raggiunto il più alto punteggio al mondo nella scala di certificazione LEED (Leadership in Energy and Environmental Design), il sistema statunitense di valutazione dell'impronta ambientale e della sostenibilità degli edifici. La sua peculiarità è un impianto a biomassa - il bio-boiler - alimentato con gli scarti di legname delle aziende della zona, che scalda gli ambienti e l'acqua sanitaria di tutti gli appartamenti del distretto, rifornendo anche alcuni edifici vicini. 
La soluzione più ingegnosa Superficie totale: 121,000 m² Popolazione: 2500 abitanti Completamente "verde" entro: 2011Tonnellate annuali di anidride carbonica che saranno risparmiate: 52500, equivalenti a 9100 auto in meno sulle strade 

OASI NEL DESERTO

 

Sfruttare al meglio la risorsa più preziosa del Medio Oriente, e questa volta non stiamo parlando del petrolio: è al Sole che Masdar City, una città "verde" che sorgerà a 17 chilometri da Abu Dhabi, sta guardando per la realizzazione del suo ambizioso progetto. La città sfrutterà per il suo fabbisogno l'energia prodotta da una serie di impianti a energia solare - tra cui la più grande distesa di pannelli fotovoltaici della regione - e da sorgenti geotermiche. Nella prima fase di sviluppo del progetto, che prevede la costruzione del Masdar Institute campus (un centro di ricerca sulle energie rinnovabili) i trasporti saranno garantiti da autobus elettrici e da piccoli veicoli elettrici senza autista e comandabili a voce.
La trasformazione più costosa (22 miliardi di dollari) Superficie totale: 6 km² Popolazione stimata: 50 mila abitanti Completamente "verde" entro: 2020Tonnellate annuali di anidride carbonica che saranno risparmiate: 3 milioni e mezzo 

VOLERE E' POTERE

 

Dietro alla scelta energetica degli abitanti di Samsø, un'isola della Danimarca, non c'è né un disastro naturale né una direttiva dall'alto, ma solo un forte senso civico che ha permesso all'isola, che un tempo si basava esclusivamente su petrolio e carbone, di trasformarsi in un paradiso energetico completamente verde. Il tutto nell'arco di 10 anni. Ora Samsø ricava il 100% dell'elettricità di cui ha bisogno dal vento (nella foto, un impianto eolico al largo della costa), mentre il calore proviene da impianti solari e biomasse. Attualmente l'isola produce il 10% di energia in più rispetto al suo fabbisogno.
La trasformazione più rapida Superficie totale: 114 km² Popolazione: 4 mila abitanti Completamente "verde" dal: 2007Tonnellate annuali di anidride carbonica che saranno risparmiate: 48 mila 

ENERGIA SOLARE

 

Non sempre per un cambiamento radicale occorrono idee supertecnologiche. Per tentare di ridurre il suo impatto ambientale, la città di Moreland, nell'area metropolitana di Melbourne, Australia, ha deciso di puntare tutto su un'opera capillare di istruzione e sensibilizzazione sui temi della sostenibilità, e su capitali da mettere a disposizione per progetti che sfruttino energia alternativa (in particolare, quella solare). L'obiettivo è quello di divenire, a piccoli passi, una comunità a impatto zero entro il 2030. Nella foto, un impianto solare australiano.
La trasformazione più a portata di mano Superficie totale: 51 km² Popolazione: 149122 abitantiCompletamente "verde" entro: 2030Tonnellate annuali di anidride carbonica che saranno risparmiate: 3,4 milioni, equivalenti a 595 mila auto in meno sulle strade 

TEGOLE CATTURA SOLE

 

L'obiettivo è arrivare a coprire con le fonti rinnovabili almeno il 20% del fabbisogno energetico entro il 2020. Per raggiungerlo, gli ingegneri di Città del Vaticano hanno installato, su richiesta di Benedetto XVI (ribattezzato "Papa verde" dai giornalisti per il suo interesse alle tematiche ambientali), una serie di pannelli solari sul tetto dell'auditorium dell'Aula Paolo VI, non lontano dalla cupola di San Pietro. L'impianto produce circa 300 megawattora (MWh) all'anno, quanto basterebbe per coprire il fabbisogno energetico di un centinaio di famiglie. Grande attenzione stanno ricevendo anche alcuni progetti sulle biomasse.
La comunità più "santa" Superficie totale: 0,44 Km² Popolazione: 826 abitanti Completamente "verde" entro: non precisatoTonnellate annuali di anidride carbonica che saranno risparmiate: 7434 

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